The last of us I

The Last of Us è un’opera che ha segnato un punto di svolta nel mondo dell’intrattenimento, non solo per il suo valore videoludico, ma anche per la sua eccezionale riuscita nel passaggio da gioco a serie TV. Nato nel 2013 come titolo per PlayStation sviluppato da Naughty Dog, e adattato da HBO nel 2023, The Last of Us si è imposto come esempio di narrazione matura e coerente, capace di esplorare la condizione umana attraverso il filtro di un mondo devastato.

La trama si sviluppa in un futuro post-pandemico dove la società è crollata a causa di un’infezione causata dal fungo Cordyceps. Joel, un uomo segnato dalla morte della figlia Sarah, si ritrova incaricato di trasportare Ellie, una ragazza immune all’infezione, attraverso un’America ostile. Quello che inizia come un incarico si trasforma in un legame profondo, segnato da sfiducia, trauma e, soprattutto, un bisogno disperato di connessione.Dal punto di vista tecnico, il videogioco è un capolavoro. Il gameplay è costruito per generare tensione continua: risorse scarse, combattimenti brutali, e sezioni stealth in cui ogni passo può significare la morte.

La meccanica non è progettata per divertire in senso classico, ma per coinvolgere emotivamente e psicologicamente. Ogni scelta è pensata per far sentire il peso dell’apocalisse. Le animazioni sono fluide, l’intelligenza artificiale è credibile e la regia è sorprendentemente cinematografica. La colonna sonora è minimalista, malinconica, ed estremamente efficace nel costruire l’atmosfera.

Ciò che rende The Last of Us davvero straordinario, però, è la sua capacità di raccontare una storia moralmente ambigua. Joel non è un eroe, Ellie non è un simbolo di purezza. Entrambi sono esseri umani imperfetti, messi davanti a decisioni impossibili.

Il finale del primo capitolo è uno dei più discussi nella storia del medium: spiazzante, emotivamente devastante, ma profondamente coerente con i personaggi. Personalmente, è una delle poche conclusioni che ho trovato davvero disturbanti nel senso migliore del termine: ti obbliga a confrontarti con le tue stesse convinzioni morali. La serie TV, prodotta da HBO e co-creata da Neil Druckmann e Craig Mazin, riesce a essere qualcosa di raro: un adattamento fedele ma non rigido. Pedro Pascal offre un Joel più vulnerabile e sfumato, mentre Bella Ramsey costruisce un’interpretazione di Ellie che, pur differente da quella originale, è altrettanto potente. La serie espande l’universo narrativo in modo intelligente. La fotografia è sobria, quasi documentaristica, e l’uso della colonna sonora originale rafforza il legame tra i due media.

Quello che The Last of Us lascia, in ogni sua forma, è un senso di disagio esistenziale. Ci costringe a guardare la sopravvivenza non come un atto di forza, ma come una serie di compromessi morali. È un’opera che non minimizza la violenza, ma la carica di significato. Non consola, ma fa riflettere.

Realizzato da Bruno Filippo, Cipolla Paolo e Martinelli Cristian, 4DC

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