The last of us II

The Last of Us Part II, pubblicato da Naughty Dog nel 2020, è una delle opere più controverse nella storia recente del videogioco. Seguito diretto dell’iconico primo capitolo, questa seconda parte non si limita a continuare la storia: la sfida e, in molti casi, la rovescia. È un gioco ambizioso, spietato, tecnicamente impressionante e narrativamente rischioso

Ambientato alcuni anni dopo gli eventi del primo capitolo, questa seconda parte ci mette nei panni di Ellie, ormai diciannovenne, segnata dal trauma e in cerca di vendetta. L’evento scatenante, che evito di dettagliare per chi volesse evitarne lo spoiler, è violento, improvviso e struggente. Naughty Dog costringe il giocatore a vivere nel corpo e nella mente di personaggi mossi da rabbia, dolore e impulsi distruttivi. Non è una storia di eroi, ma solo di persone rotte, che cercano di dare senso alle proprie azioni in un mondo che non ne ha più.Dal punto di vista tecnico, il gioco è un capolavoro. Le animazioni facciali sono tra le migliori mai viste, le ambientazioni sono dettagliate, credibili e piene di vita (o meglio, di morte). La gestione della luce, la fisica, il design del suono – tutto è costruito con un livello di cura maniacale.

Il gameplay si evolve rispetto al primo capitolo: è più fluido, più aperto, più verticale. Gli scontri sono tesi e violenti, e la varietà di approcci – stealth, aggressivo, misto – lascia margine al giocatore, pur mantenendo la sensazione costante di vulnerabilità.

Il fulcro tematico del gioco è la vendetta, ma non nel senso classico. The Last of Us Part II è un’opera che ti fa vivere la vendetta come un peso, non una liberazione. Ti costringe a confrontarti con le conseguenze, spesso insensate, delle tue azioni. E soprattutto, ti mette nei panni dell’“altra parte”, mostrandoti la prospettiva del nemico.


L’introduzione di Abby come personaggio giocabile è un punto di rottura. Personalmente, abbiamo trovato questa struttura brillante: disorientante, sì, ma necessaria. Ci ha costretto a mettere in discussione ogni certezza costruita nel primo capitolo. Ci ha fatto odiare, e poi comprendere. punto di vista critico, si può discutere sulla gestione del ritmo (alcune sezioni sono forse troppo lunghe), sulla durezza di alcune scelte e sul modo in cui il gioco chiede al giocatore di “perdonare” certi personaggi. Ma non si può negare il coraggio artistico dell’opera.

A livello personale, è uno dei pochi giochi che ci ha lasciato emotivamente esausti. Non ne siamo usciti con soddisfazione, ma con inquietudine. Eppure, è proprio per questo che lo consideriamo grande. Perché ha avuto il coraggio di raccontare qualcosa che non volevamo sentire, ma che forse era necessario affrontare.

Realizzato da Bruno Filippo, Cipolla Paolo e Martinelli Cristian del 4DC

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